Mike Tyson, il “cattivo” che allevava piccioni

Soprannominato “Iron Mike”, “The Baddest Man on the Planet”e “Kid Dynamite”, è considerato uno dei migliori pugili di tutti i tempi, campione del mondo dei pesi massimi dal 1986 al 1990, con una breve parentesi nel 1996. Una vera leggenda.

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Mike Tyson, il "cattivo" che allevava piccioni

Mike Tyson è una figura iconica nel mondo della boxe, spesso discusso per la sua carriera straordinaria, le sue imprese dentro e fuori dal ring, e la sua evoluzione personale. La sua vita e la sua carriera è una miscela complessa di talento, sfide e controversie. Un esempio di “politicamente scorretto” che ha sempre suscitato in me una certa simpatia. Un Apollo Creed molto più “massacratore dei massacratori” e, allo stesso tempo, un esempio di riscatto e resilienza.

Michael Gerald Tyson nasce il 30 giugno 1966 a Brooklyn, New York, in un ambiente difficile. Cresciuto in una zona nota per la criminalità e la povertà, Tyson ha un’infanzia turbolenta: i suoi genitori si separano quando è ancora molto piccolo e viene allevato dalla madre, Lorna, che ha a sua volta grandi difficoltà economiche e per sfuggirne trova conforto nell’alcool.

Tyson è un bambino sensibile, viene chiamato “La Fatina”, solitario, diverso dalla maggioranza degli abitanti del quartiere, uno dei più pericolosi della città. Al punto che il governo decide di realizzare un ospedale sul posto per tamponare i più di 600 tra morti e feriti che sono la caratteristica della Brooklyn degli anni Sessanta. Spesso vittima di bullismo, Tyson ama trascorrere le sue giornate lontane da tutti. Sale sul tetto di un edificio e alleva piccioni.

Finché un giorno tutto cambia. Un “bullo” per divertimento stacca la testa ad uno dei suoi amati piccioni. Emerge il futuro Iron Mike che massacra di botte il povero imbecille. Da quel giorno Iron Mike sviluppa un atteggiamento ribelle e aggressivo. A soli 7 anni, si avvicina al mondo della criminalità, iniziando a rubare e a frequentare bande locali. A 13 è già entrato in riformatorio per ben 38 volte, uno dei più attivi della gang di cui fa parte. Nel mentre gli altri tengono le pistole puntate su personale e clienti, Tyson svuota la cassa.

La vita di Tyson prende una svolta significativa quando incontra Bobby Stewart, un ex pugile che lo introduce alla boxe. Scoperto il suo talento naturale e la sua inclinazione la boxe, Tyson inizia a frequentare una palestra. A 12 anni, entra nel Tompkinsville Center di Staten Island, dove il suo potenziale viene notato. Attraverso il duro lavoro e la disciplina, Tyson inizia a dominare nei tornei giovanili, vincendo il Golden Gloves e il titolo nazionale amatoriale.

Nel 1985, Tyson diventa il campione più giovane della storia dei pesi massimi, conquistando il titolo WBC a soli 20 anni. Sotto la guida dell’allenatore Cus D’Amato, Tyson sviluppa uno stile di boxe unico, caratterizzato da velocità, potenza e una ferocia mai vista prima.

Ha un modo di combattere è impressionante: Tyson riesce a combinare la cattiva reputazione di un pugile spietato con la tecnica sopraffina, mettendo al tappeto avversari di fama come Larry Holmes e Frank Bruno. Primo round, saltelli, due cazzotti e via, finito tutto. Nel 1986, Tyson diventa il detentore di tutti e tre i titoli principali dei pesi massimi (WBA, WBC e IBF), realizzando un sogno che sembrava impossibile. Nel 1988 diventa campione lineare quando mette KO Michael Spinks in soli 91 secondi.

Dopo la morte del suo mentore Cus D’Amato nel 1985, Tyson inizia a perdere la sua direzione. La sua vita personale, spesso turbolenta, contribuisce al suo declino. Diventa sempre più coinvolto in comportamenti autodistruttivi, dallo sperpero delle sue fortune agli eccessi legati alla vita notturna.

Nel 1992, la vita di Tyson subisce un duro colpo quando viene condannato per violenza sessuale nei confronti di Desiree Washington Durante la sua detenzione si converte all’Islam e assume il nome islamico di Malik Abdul Aziz

Questo episodio segna un cambiamento radicale nella sua carriera e nella sua vita personale. Durante il periodo in carcere, Tyson riflette sulla propria vita e sulla carriera. Al suo rilascio nel 1995, tenta di riavviare la sua carriera pugilistica, ma il suo rendimento è altalenante.

Tyson ritorna a combattere e, nel 1996, riconquista il titolo dei pesi massimi sconfiggendo Bruce Seldon. Tuttavia, il suo comportamento continua a generare scalpore. Nel 1997, durante un incontro con Evander Holyfield, il “fattaccio”. Holyfield insiste con le testate. All’ennesimo colpo sull’arcata sopracigliare, Tyson perde di nuovo la testa. Come quel giorno di fronte allo scempio di uno dei suoi compagni di solitudine i piccioni. Stacca l’orecchio del suo avversario, con un morso e vorrebbe insistere, staccandogli anche l’altro. Un gesto che porta a squalifiche e riduce ulteriormente la sua reputazione. L’episodio è diventato uno dei più discussi nella storia della boxe.

Nel 2002, a 35 anni, affronta Lennox Lewis per il titolo mondiale e viene sconfitto per KO. Nel 2005 all’età di ormai 39 anni, dopo ulteriori insuccessi contro Danny Williams e Kevin McBride, annuncia il suo ritiro.

Dopo diversi anni di combattimenti e controversie, Tyson si ritira ufficialmente nel 2005. Negli anni successivi, affronta problemi finanziari, legali e di salute mentale. Tuttavia, nonostante le difficoltà, Tyson trova modi per reinventarsi. Inizialmente si dedica all’autoironia e lavora nel mondo del cinema, apparendo in film e serie TV, come in “Una notte da leoni”.

Negli ultimi anni, Tyson ha intrapreso un percorso di riabilitazione e cambiamento personale. Condivide pubblicamente le sue esperienze e le sue lotte. Oggi, Tyson è riconosciuto non solo come uno dei più grandi pugili di tutti i tempi, ma anche come un esempio di resilienza e per molti versi di riscatto, come un Rocky meno bonaccione o un Apollo Creed ancora più “massacratore dei massacratori”.

La sua storia è una testimonianza di come le persone possano affrontare avversità e cercare di ricostruire le proprie vite. La vita di Mike Tyson è un racconto di alti e bassi, un mix di grande successo e profondi fallimenti. Dalla sua infanzia difficile alla venerazione come campione del mondo, fino alle sue battaglie personali, Tyson è un personaggio complesso che continua ad affascinare il pubblico.

La sua storia non è solo quella di un pugile, ma rappresenta il viaggio di un uomo che cerca di trovare la sua identità e il suo posto nel mondo, un mondo spesso ostile, come quello americano, dove Tyson, molte volte, ha rappresentato la cattiva coscienza di un sistema. Occupa la posizione numero 9 tra i migliori pesi massimi di sempre, e la 16ª posizione della classifica dei “100 più grandi picchiatori di sempre”. Sia che venga definito Iron Mike o “The Baddest Man on the Planet” e “Kid Dynamite”. A me la sua storia ha sempre fatto una certa simpatia (come tante altre che mi piace raccontare) e poi, la sua boxe, il degno erede di una leggenda chiamata Muhammad Alì.

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“Le corse in moto e il fastidio della modernità, il gusto della solitudine e il perdersi nella massa, l’ansia d’assoluto e il minuto mantenimento del presente, uomo del suo tempo eppure nato fuori tempo, asceta ed esteta”.