Scrivere: Topolino e la prima volta che pensai di farne un lavoro

Un ricordo che passa attraverso i fumetti e Topolino in particolare. Proprio da qui nascono diversi miei sogni. Come scrivere e fare musica.

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Scrivere: Topolino e la prima volta che pensai di farne un lavoro

Scrivere, si fa presto a dirlo. Un po’ come fare l’attore, soprattutto oggi, per scrivere, serve avere le spalle coperte. E Topolino, che c’entra? Un attimo e ve lo racconto.

Al di là di questo perché, come è noto, Carmina non dant panem, nonostante sento già aleggiare all’orizzonte il famigerato chissenefrega, voglio condividere con i miei (pochi ma affezionati) lettori, quella prima volta che ebbi la netta sensazione che volevo fare della scrittura un mestiere (non un mestierante, se possibile).

Avevo qualche certezza di piccolo. Mio padre, un amico con cui passavo giornate interminabili a fare finta di essere astronauti disperso nello spazio con un’astronave in panne (rigorosamente al buio e sotto al letto, armati di torce e cacciaviti, sennò come si ripartiva?) e i fumetti (Topolino, Zagor e pure Geppo e Braccio di Ferro come seconda scelta. Più tardi arrivarono Tex e Il Comandante Mark).

Successivamente arrivò la musica a confortare le mie giornate di adolescente inquieto e dalla disciplina di ferro. Tornavo da scuola, pranzo, riposino di una ventima di minuti, té e studio fino alle 18, 19. Prima che iniziasse Happy Days erano fumetti, musica e più tardì per la gioia di mamma e dei vicini, batteria da dilettante prima di farne (quasi) un mestiere. Infatti due erano le cose: volevo scrivere o suonare. Dopo il militare, con la musica dissi basta. Rischiavo di ritrovarmi a 60 anni a fare il rocker nelle birrerie della Capitale e optai. Non per il famoso cargo battente bandiera liberiana ma per la scrittura.

Che pure qui daje a guadagnà. Anni a Il Tempo in attesa di un contratto serio (più facile che arrivasse prima Il Messia, ricordo una volta il Direttore Mino Allione a dirmi, guarda che rischi che a 50 anni stai ancora a lavorare a chiamata per guadagnarti un compenso ad articolo, allegria), poi 15 anni alla Tattilo Editrice (sì, si, quelli di Playmen ma purtroppo mi occupavo di case, cucine e trattori) e, dopo la chiusura dell’azienza, fondare Green Planet News per parlare di ambiente in maniera non integralista.

Mi sono dilungato per dire, insomma, che c’è un filo che lega i fumetti alla mia voglia di scrivere. Ho circa 12 anni e con il padre del mio amico Davide su citato, un pomeriggio, andiamo a trovare un signore che è a sua volta amico del padre di Davide. Entriamo nel suo studio e, meraviglia, una biblioteca di 3 pareti è ricolma fino al soffitto di Topolini dall’inconfondibile costina gialla. E poi Almanacco Topolino, Tutti Paperi, una libido prorompente nasce in me, nemmeno avessi visto il compianto Playmen. Questo signore si chiama Dino Sargentini, non so chi sia ma lo capirò successivamente.

Non un collezionista amante dei fumetti ma una figura di spicco della redazione del giornaletto che mi faceva sognare e con cui passare ore serene. Qualche anno fa, scrissi di questo ricordo a proposito di un articolo su una mostra dedicata al topo più affascinante di tutti i tempi (ma preferivo di gran lunga Paperino). Mi scrisse Francesca Grimaldi, giornalista Rai, per ringraziarmi di quel ricordo perché, non rammento bene, Dino Sargentini era suo zio, un parente stretto insomma.

Scrivere, insomma, fa parte dei miei sogni, come ancora oggi lo è, insieme alla musica e all’ndare in motocicletta, altra mia atavica passione. Posso solo dire che un sogno è difficile a realizzarsi, oggi si fa troppo apologia di sentimenti (spesso falsi) e di emozioni (spesso incaute).

Ma stando dietro a quel sogno sono diventato adulto. Con la moneta migliore con cui potessi essere ripagato. La gioia della memoria e di momenti indimenticabili. Di cui, ancora oggi, guarda un po’, mi piace scrivere.

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IL NORDKAPPISTA

“Le corse in moto e il fastidio della modernità, il gusto della solitudine e il perdersi nella massa, l’ansia d’assoluto e il minuto mantenimento del presente, uomo del suo tempo eppure nato fuori tempo, asceta ed esteta”.