Con i piedi ben piantati sulle nuvole, soprattutto in motocicletta

Un diario della motocicletta in un libro che racconta di un viaggio attraverso l’Italia che resiste, forte della sua identità.

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Con i piedi ben piantati sulle nuvole, soprattutto in motocicletta

Il volume di Andrea Scanzi, anche in versione audiolibro, un viaggio sentimentale in un’Italia che resiste, un ritratto corale dell’Italia di oggi, il racconto di un Paese che, nonostante tutte le sue contraddizioni, prova ancora ad avere il coraggio di sognare. Ad esempio, viaggiando in motocicletta, per scoprire tutte le bellezze del nostro paese.

Con i piedi ben piantati sulle nuvole, un libro (e un audiolibro) a tratti geniale, sicuramente in grado di farvi viaggiare, sfogliandolo o mentre sarete in cammino, con gli auricolari, gustandovene l’ascolto.

Non ho grande simpatia per Andrea Scanzi, la “rockstar del nostro giornalismo”. Non tanto per le idee che manifesta quanto per quella una certa ironia a tratti acidula che ne inficia, a tratti, il suo piacevole modo di scrivere (e di parlare).

E debbo dire che, anche in questo caso, in un libro particolarmente interessante, quando “rigurgita”, in alcune descrizioni, quella voglia di fare proselitismo con un certo veleno sparato qua e là, che avrebbe forse anche ragion d’essere su molti personaggi ma che non c’entra nulla nel momento di grazia descritto, ecco, il rischio è di far perdere tutto il bello del contenuto che in questo libro c’è. In maniera più che rilevante.

Detto questo, il volume, in versione audiolibro su Audible con la gradevole lettura di Dario Agrillo per circa 4 ore di narrazione, è un bel viaggio in motocicletta lungo un’Italia che resiste e che, nonostante le sparate europeiste di un’Europa senza identità che ha finito per tradire lo stesso sogno dei Padri fondatori, ha un marcato DNA, alla faccia di chi lo nega per darsi a un pensiero “fluido” che non riesce che a farsi chiamare con nome più indicato: vuoto, nichilismo, male di vivere.

Il libro (Rizzoli, 2018, 190 pagine, Euro 17,10) deve il nome alla rielaborazione di un aforisma di Ennio Flaiano, contenuto nel Diario degli Errori: “Con i piedi ben piantati sulle nuvole”. Era la frase con cui Flaiano amava dare una fisionomia alla figura del sognatore, proprio a farlo carne di sogni ma senza illusioni.

Le nuvole, in questa prospettiva, assumono una chiave di lettura differente rispetto al magma degli influencer fuori della realtà. Le nuvole sono le persone che hanno ancora il coraggio di ancorarsi al presente. Nonostante tutto, rappresentano storie di coraggio, resistenza, resilienza. Come l’Italia attraversata da Scanzi.

C’è chi va dallo psicologo, chi al poligono a sparare, chi scrive sulla bacheca di Salvini. E poi c’è chi, per ordinare i propri pensieri, parte”. È quello che ha fatto Andrea Scanzi, attraversando da Nord a Sud un Paese in crisi. Per raccontarne da vicino luoghi e persone, che sono per lui il vero baluardo di resistenza e utopia.

Tornano i luoghi nascosti, sospesi fuori dal tempo e affascinanti nella loro apparente clandestinità, come certi lati B dei vecchi 45 giri. Tornano i paesaggi a strapiombo, con l’abisso giusto sotto, per ricordarci quanto sia tutto dannatamente labile. La tavola, la convivialità.

Il ricordo di chi non c’è più. Torna la ribellione. Torna la natura incontaminata, o quel che ne resta. E torna spesso la purezza meravigliosamente amorale degli animali, col loro sguardo sempre interrogativo sul mondo. Un po’ come dovrebbe essere il nostro”.

A volte la scintilla che fa nascere un racconto è un paesaggio, a volte una persona; il mare di Fano riporta la mente all’infanzia, un viticoltore veneto diventa il Drugo del Grande Lebowski, un canguro wallaby sull’Isola dei Cipressi ci fa riflettere sulla condizione umana.

Dalla bellezza di un tramonto ragusano arriviamo alle Langhe di Fenoglio, dalla Romagna di Marco Pantani, a Eric Fletcher, padre di Roger Waters, morto in Italia durante la Seconda guerra mondiale.

Un libro dal sapore dolceamaro, tra reportage, commento politico e satira di costume. Scanzi trae spunto dal materiale raccolto nei suoi viaggi per dipingere un ritratto corale – e in tempo reale – dell’Italia di oggi, della sua provincia, dei suoi cliché, del sogno di una vera ripartenza.

Il libro di Andrea Scanzi è, dunque, un diario “on the road“, un itinerario capace di trasudare storia e cultura, che si dipana tra tavole conviviali, sorsi di vino e incontri singolari. In 190 pagine troviamo storie di luoghi e persone, ci perdiamo, sorridiamo, a volte amaramente.

Un riparo dalla tempesta. Che è quel che cerchiamo viaggiando. Un riparo. Dalla tempesta e da noi stessi.”

Sono 33 capitoli per altrettanti luoghi (“almeno uno per regione, perché non poteva essere altrimenti”), dalle Langhe al Molise ( quella che viene definita (“la piccola Scozia italiana”), da Gubbio a Châtillon.

Storie di persone, di amici, di familiari, come quando Scanzi viaggia con il padre in Moto Guzzi, ma anche storie di sconosciuti, come il ragazzo all’Autogrill che ha rinunciato alla laurea per mantenere la madre malata, simbolo di un’Italia che è in difficoltà ma che non cede.

“In motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di TV. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. In moto la cornice non c’è più. Hai un contatto completo con ogni cosa”. Io che vado in moto come quando cammino, uno stile di vita per essere sempre in fuga da tutto quello che non mi piace, ho potuto particolarmente apprezzare questo “diario della motocicletta che mi ha riportato, in ogni frase, ai miei pensieri quando, vento in faccia e manubrio ben saldo tra le mani, cavalco la mia “Valchiria”.

Il lettore (e l’ascoltatore) viaggia assieme a Scanzi in moto e sulle nuvole di quell’Italia che si oppone, come un baluardo nel Deserto dei Tartari, alla banalità del qualunquismo e della dittatura dell’insensato, dell’ignoranza influencer e del politicamente corretto, che noia, così attualmente in voga a qualsiasi latitudine.

“A volte viaggiamo per scoprire qualcosa di nuovo e altre volte perché abbiamo solo bisogno di protezione”. Protezione e sensazioni di andare oltre. Verso quell’inesplorato che fa parte della nostra anima e che vivifica, nutre, cura.

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IL NORDKAPPISTA

“Le corse in moto e il fastidio della modernità, il gusto della solitudine e il perdersi nella massa, l’ansia d’assoluto e il minuto mantenimento del presente, uomo del suo tempo eppure nato fuori tempo, asceta ed esteta”.