Il Monte Analogo di René Daumal, un libro che è la perfetta sintesi di un tema ricorrente che lega viaggio, letteratura, spiritualità, esoterismo e “potere della scelta”.
Il viaggio inteso come pellegrinaggio interiore è fondamentale per una narrazione che punti all’essere partendo dal flusso caotico del divenire. E può trasformarsi, questo viaggio, in ascesa, in vetta o discesa agli inferi.
Il Monte Analogo, un viaggio mistico, esoterico. Il pensiero simbolico, da questo punto di vista, incarna l”emersione” dal mero individuale per trasformarsi in una patria dell’Oltre capace di infinito “esperire” la cui destinazione arriva alla casa della consapevolezza.
Da questo punto di vista, la montagna è il legame fra cielo e terra. La vetta lambisce il silenzio dell’eternità e la sua base affonda le radici nel mondo dei mortali. la montagna è un percorso attraverso cui l’uomo può avvicinarsi al divino o meglio il divino rivelarsi all’uomo.
Il Monte Analogo (Romanzo d’avventure alpine non euclidee e simbolicamente autentiche) di René Daumal (Adelphi, pagine 143, euro 18) è appunto una magnifica “incartazione” e sintesi di questa idea del viaggio come elevazione attraverso l’ascensione tra le nuvole col passo sul sentiero.
René Daumal (1908-1944) inizia il racconto nel 1939 durante un soggiorno a Pelvoux, sulle Alpi. Il Monte Analogo è una bussola, un faro nella notte. Uscito postumo in Francia nel 1952, siamo noi stessi con la nostra ricerca a doverlo scrivere. Soprattutto per come Daumal intendeva la scrittura. La letteratura una pratica, la scrittura una disciplina. Almeno se si pone il viaggio come “squarcio del velo di Maya”.
“Perché una montagna possa assumere il ruolo di Monte Analogo, è necessario che la sua cima sia inaccessibile, ma la sua base accessibile agli esseri umani quali la natura li ha fatti. Deve essere unica e deve esistere geograficamente. La porta dell’invisibile deve essere visibile”. Altra cosa rispetto alla secolarizzazione del sacro e alla frenesia che riduce l’Everest a turismo e la rampicata ad una fatica “umana, troppo umana”.
La montagna vera va cercata e ricercata poiché in montagna potrebbe rivelarsi quell’Assoluto che è ansia costante di chi pratica la scrittura come disciplina e la vita come “movimento dello spirito”. L’idea di chi viaggia in questo modo è attuare una metamorfosi e farsi atleti dell’anima e di ciò che ci portiamo dentro e possiamo trascendere e pacificare.
In una lettera del 24 febbraio 1940 a Raymond Christoflour, René Daumal sottolinea: “Dopo aver descritto un mondo caotico, larvale, illusorio, mi sono impegnato ora a parlare di un altro mondo, più reale, più coerente, dove esiste del bene, del bello, del vero – nella misura in cui i contatti che ho potuto avere con tale mondo mi danno il diritto e il dovere di parlarne.
Sto scrivendo un racconto piuttosto lungo nel quale si vedrà un gruppo di esseri umani che hanno capito di essere in prigione, che hanno capito di dovere, prima di tutto, rinunciare a questa prigione (perché il dramma è l’attaccarvisi), e che partono in cerca di una umanità superiore, libera dalla prigione, presso la quale essi potranno trovare l’aiuto necessario. E lo trovano, perché alcuni compagni ed io abbiamo realmente trovato la porta.
Solo a partire da questa porta comincia una vita reale. Questo racconto avrà la forma di un romanzo d’avventure intitolato “Il Monte Analogo”: è la montagna simbolica che unisce il Cielo alla Terra; via che deve materialmente, umanamente esistere, perché se no, la nostra situazione sarebbe senza speranza”.
Sotto le parvenze di un romanzo d’avventure, dunque, si nasconde non solo una “metafisica dell’alpinismo” ma una ascesa attraverso l’ascesi. René Daumal descrive l’itinerario che matura lentamente verso il “centro dell’essere”, la scalata verso la vetta dove ognuno trova la libertà di divenire ciò che realmente incarna.
In un viaggio di ricerca non può mancare una guida oltre ai componenti il gruppo: Alphonse, Emile, Judith, Arthur, Hane e Karl, Julie e Benito. Qui è Pierre Sogol, che già dal nome (sogol-logos) si offre come condottiero ideale in questo esoterico percorso verso le terre del pensiero e dell’infinito. Il desiderio di raggiungere l’assoluto passa attraverso i sentieri dello spirito, inevitabile.
Il Monte Analogo, una porta accessibile a pochi
La propria interiorità diventa “il bosco jungeriano”, il rifugio autentico, il baluardo estremo rispetto al mondo esterno e alle sue illusioni. γνῶθι σαυτόν, la ricerca di sé, il ritrovamento del proprio fondante di sé, non l’egotismo della espressione isterica di una qualsiasi personalità, è la domanda principale del libro. Per questo motivo la porta diventa accessibile a pochi.
“Ecco dunque quello che ho concluso, eliminando semplicemente tutte le ipotesi insostenibili. In qualche punto della Terra esiste un territorio con una circonferenza di almeno diverse migliaia di chilometri, sul quale si innalza il Monte Analogo. Il basamento di questo territorio è formato da materiali che hanno la proprietà di curvare lo spazio intorno a sé in modo tale che tutta la regione sia rinchiusa in un guscio di spazio curvo”.
René Daumal è appassionato di dottrine esoteriche, di religioni, studia il sanscrito, René Guénon e i testi sacri indiani. Nella rivista letteraria Le Grand Jeu che fonda insieme ad un gruppo di amici nel 1928 si pone l’obiettivo di “viaggiare” attraverso l’inconscio per approdare a dimensioni “oscure” e rivelarle.
Esplorazione che è disposto a fare anche con l’utilizzo delle droghe. Il Pierre Sogol del volume è Alexandre de Salzmann, discepolo di Gurdjieff, che permette a Daumal di avvicinarsi alle teorie psicofisiche che fanno di Gurdjieff una tra le figure principali dell’occulto e del misticismo dell’epoca.
“Molto in alto e molto lontano nel cielo, al di sopra e al di là dei cerchi successivi dei picchi sempre più alti, delle nevi sempre più bianche, in uno splendore che l’occhio non può sopportare, invisibile per eccesso di luce, si erge la punta estrema del Monte Analogo.
Là, sulla vetta più aguzza della guglia più sottile, solo, sta colui che riempie tutti gli spazi. Lassù, nell’aria più fine dove tutto gela, solo, sussiste il cristallo dell’ultima stabilità. Lassù, nel pieno fuoco del cielo dove tutto arde, solo, sussiste il perpetuo incandescente. Là, al centro di tutto, sta colui che vede ogni cosa compiuta nel suo inizio e nella sua fine”.
Amat victoria curam
L’ascesa comporta disciplina e umiltà. Per ottimizzare le energie, resistere alla fatica ed essere di supporto ai compagni di spedizione. La vita in comune della montagna non è la barbarie promiscua delle civiltà dei consumi, è la condivisione di una battaglia in nome di una comune visione del mondo.
“La necessità di un intenso lavoro in comune ci aveva legato gli uni agli altri come se fossimo stati una sola famiglia e anzi una famiglia come se ne vedono poche. Eppure formavamo un insieme di natiure e personaggi piuttosto disparati…”.
“Tenevamo duro. Spesso per occupare le ore del crepuscolo. si raccontavano delle storie. Mi ricordo che una sera parlavamo di leggende relative alle montagne. Mi sembrava, dicevo, che l’altra montagna fosse più povera di leggende fantastiche del mare, per esempio o della foresta.
Karl spiegava questo a modo suo. In alta montagna – diceva – non c’è posto per il fantastico perché la realtà vi è di per se stessa meravigliosa, più di qualsiasi cosa l’uomo possa immaginare”.
La ricerca dell’ignoto nella metafisica della montagna de Il Monte Analogo corrisponde al viaggio simbolico dell’esistenza che più entra in profondità e più sente come “fuorvianti” fantasticherie e illusioni, percepite come anestetici dell’anima, evasioni pilotate. Una domanda fonda questo viaggio. la stessa domanda che doveva dare il titolo all’ultimo capitolo del libro che rimane incompiuto perché Daumal muore improvvisamente: “E voi che cosa cercate?”.