Iris Murdoch, La Sovranità del bene, per una “cultura dell’anima”

Un volume che invita fortemente a farsi portatori di una alternativa: il bene, la disciplina di ciò che è buono, giusto, bello.

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Iris Murdoch, La Sovranità del bene, per una “cultura dell’anima”

Bellezza, ordine, libertà, immortalità: forse è di questo che si parla in un libro ad elevato potere “taumaturgico”, capace di esulare da vaghi sentimentalismi shelleyani per provare a fare di realtà, essenza.

Il volume si intitola La sovranità del bene (R. Carabba, Editore Lanciano, gennaio 2005, pp. 176, € 14,72). Autrice: la scrittrice e filosofa irlandese, “esistenzialistica e mistica”, Iris Murdoch.

La “visionaria” Iris Murdoch, in questo caso, scrive senza nulla concedere al gioco fin troppo facile delle illusioni e delle consolazioni. Eppure, riesce, in questa sua bramosia di “vedere”, di saper scorgere il senso del reale, a condurci su strade che si avvicinano di molto a ciò che risulta essenziale, traducendo la lettura in un possibile viaggio di catarsi. Iris Murdoch, nel volume La sovranità del bene, pone Platone come cardine della sua riflessione. Si esprime” come “compagna di siderali solitudini parlanti” tra le donne più capaci di uranico pensiero come Cristina Campo, Edith Stein, Etty Hillesum, Maria Zambrano.

Nonostante molti accusino la Murdoch, nelle sue elucubrazioni, di non essersi mai peritata con la realtà lei che, affetta da Alzheimer, ne conobbe i risvolti più drammatici. La filosofa in questo libro si pone davanti al reale col desiderio di trascenderlo. Con l’intenzione di esperirlo come “oltre”. Ecco forse l’unica forma possibile di libertà: continuare a credere di agire per il Bene, con le proprie piccole azioni e trasformarlo in qualcosa di più alto che faccia da cassa di risonanza anche per i “Poteri forti”. Essere resistenti e non cedere al buio. Almeno come prospettiva filosofica e di approccio esistenziale alla vita.

Leggiamo un brano particolarmente emblematico: “Il primo nemico dell’eccellenza in morale e nell’arte è la fantasia personale: quel tessuto di autoesaltazione e di desideri e sogni rassicuranti che impediscono di vedere cosa c’è fuori di sé”. Quindi, avere una direzione. E perseguirla fino in fondo. Quella del bene. Anche, se tutto accade e sembra espressione del “non senso” e della violenza umana.

Un tentativo di perfezione e competizione con se stessi, per apportare ordine dentro di sé e agli altri. Portare ordine allora si trasforma in visione della realtà, scevra dal rimuginio che confonde e mistifica. Come sollevarsi, come credere, avere fiducia, non rinnegarsi? Attraverso il potere immortale dell’arte, della cultura, dells natura, di tutto ciò che, insomma, può racchiudersi in una parola troppe volte scontata o mal utilizzata che risponde al nome di bellezza.

Sapersi rialzare, dopo aver perseguito principi migliori rispetto ai peggiori, trasformare la competizione in fiducia, senza il desiderio di annientare l’avversario, resilienti perché resistenti, questo è uno dei tanti modi possibili per “esperire” La sovranità del bene nella realtà. La bellezza dell’amicizia, dell’arte, del mondo quando sottende qualsiasi barlume di gioia e di speranza rispetto a ciò che è come essenza.

Scrive ancora Iris Murdoch: “È degno di nota che la grande arte ci insegni come le cose reali possono essere guardate e amate senza prenderne possesso e farne uso, senza incorporarle nell’avido organismo dell’io. Questo esercizio di distacco è arduo e di grande valore, sia che la cosa contemplata sia un essere umano, sia che si tratti della radice di un albero o della vibrazione di un colore o di un suono.

La contemplazione non sentimentale della natura esibisce la madesima qualità di distacco: gli interessi egoistici svaniscono, non esiste nient’altro che le cose che si vedono. La bellezza è ciò che attrae questo particolare tipo di attenzione non egoistica… La visione vera cagiona la condotta giusta”. Arriviamo, in questo modo, al realismo della compassione, nella capacità dell’anima di ascoltare il fluire del vero.

Perché, come sottolinea, “la libertà in senso stretto non consiste nell’esercizio della volontà ma piuttosto nell’esperienza di una visione accurata che, quando è il momento adatto, causa l’azione”. Ecco, una visione del mondo, cercando quel “buono, quel bello e quel vero” che dona senso. Durante il cammino. Attraversando una valle dove a volte si fa buio ma molto spesso il sole nasconde i suoi benefici raggi dietro ombre tutte da svelarsi. Questa la grande sfida, questa una possibilità. La capacità di scelta si chiama “Amor fati” e volontà di adempiere al proprio destino. Certo, appare molto difficile quando si è immersi nella vita e nelle sue più dure forme.

Vengono in mente le parole di Rosa Luxemburg dalla sua prigionia nella lettera che scrive a Sonia Liebknecht, prima del dicembre 1917: “Io giaccio sola e in silenzio, avviluppata dai tanti veli neri delle tenebre, dalla noia dell’inverno che tiene prigionieri; eppure il mio cuore batte, scosso da una gioia interiore sconosciuta incomprensibile, come se, attraversassi un prato fiorito inondato di sole. E nel buio sorrido alla vita, come se conoscessi qualche magico segreto che smentirà tutto quanto c’è di cattivo e triste ed esplodo in un mondo di luce e di felicità. E al tempo stesso, mi interrogo sulla ragione di questa felicità; non ne trovo affatto e non posso impedirmi di sorridere ancora di me. Credo che questo segreto non sia altro che la vita stessa; la notte profonda è così bella e morbida come velluto purché la si sappia guardare bene. E anche lo scricchiolio della sabbia umida sotto i passi pesanti e lenti della sentinella risuona della canzone della vita, una piccola e bella canzone: purché la si sappia ascoltare bene. In questi momenti io penso a voi e mi piacerebbe tanto trasmettervi questa chiave magica, affinché percepiate sempre e in qualsiasi situazione il lato bello e gioioso della vita, affinché anche voi viviate nell’ebbrezza e camminiate come in un prato iridescente. Lungi da me l’idea di proporvi ascetismo, felicità immaginarie. Vi auguro tutte le gioie dei sensi. Semplicemente, vorrei darvi in più la mia inesauribile serenità interiore, affinché non siate più inquieta e affrontiate la vita avvolta da un mantello trapunto di stelle che vi protegga da tutto ciò che c’e di meschino, volgare e angosciante”.

Possa questa serenità interiore travolgere chi ne ha più bisogno e soprattutto arrivare in soccorso laddove il passo della sentinella si fa più pesante.

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“Le corse in moto e il fastidio della modernità, il gusto della solitudine e il perdersi nella massa, l’ansia d’assoluto e il minuto mantenimento del presente, uomo del suo tempo eppure nato fuori tempo, asceta ed esteta”.