Isole Canarie: leggende, miti e fascino del mistero

Territorio dal ricco patrimonio culturale, l’arcipelago spagnolo è testimone e custode di storie e racconti che parlano di fantasmi, divinità, principesse e isole scomparse.

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Luogo incantato, ricco di leggende e racconti popolari: le Isole Canarie non offrono solo spiagge, mare e paesaggi. Le Isole Canarie sono anche depositarie di misteri e storie che si celano tra foreste imperscrutabili, temibili vulcani e piante miracolose. Vediamole insieme.

Il viaggio tra le leggende dell’arcipelago inizia ai confini dell’isola di Tenerife, dove inconfondibile si staglia il profilo della vetta più alta della Spagna e una delle più alte d’Europa (3.718 metri di altezza), ovvero il vulcano El Teide. È proprio lì che nasce una delle leggende più note dell’isola. Si racconta infatti che i primi abitanti, i Guanci, credessero che nella parte superiore del Teide vivesse un demone chiamato Guayota, il quale rapì per gelosia il Dio del Sole, Magec, e lo intrappolò nel vulcano, facendo precipitare il mondo nelle tenebre.

Così gli abitanti dell’isola si rivolsero ad Achamán, il Dio del Cielo, chiedendo il suo intervento affinché liberasse il sole dalla sua prigionia. Dopo una feroce lotta, Achamán riuscì a sconfiggere il maligno: imprigionò Guayota all’interno del Teide e chiuse il cratere con un cono bianco che coronava il vulcano, fermandone l’eruzione.

Da millenni teatro di eruzioni vulcaniche, Lanzarote è un magico luogo dove mito e leggenda si incontrano su una scenografia fatta di fertili vallate, bianchi villaggi, palmeti e spiagge dorate. Qui vive e riecheggia la leggenda dell’aloe vera, pianta medicinale così chiamata in memoria di due innamorati. Tutto accadde nel 1730 durante il matrimonio tra Aloe, figlio dell’uomo più ricco di Lanzarote, e Vera, figlia di un agricoltore di piante medicinali.

Proprio durante la celebrazione, la terra iniziò a tremare e il vulcano iniziò ad eruttare, sorprendendo gli invitati con una pioggia di rocce e cenere. Purtroppo, la sposa fu colpita da una roccia lavica e il giovane cercò disperatamente di salvarla, spostando il macigno rovente con una forca a cinque punte. Ma vedendo il corpo esanime, impazzito, iniziò a correre verso la vallata del Timanfaya, con in braccio la ragazza e il forcone. Stremato dal cammino, gridò alzando la forca al cielo, fino a quando la lava incandescente non lo fece sparire. Assistendo ad una scena così straziante, gli abitanti del villaggio esclamarono: “pobre diablo”, facendo così del “povero diavolo” il simbolo del Parco Nazionale di Timanfaya e dell’isola stessa.

La cosiddetta “isola magica”, La Gomera, è un tesoro paesaggistico ricco di contrasti: da valli ricoperte di palme a profondi precipizi, da coste aride a profondi fondali. Ma il vero simbolo dell’isola è il Parco Nazionale del Garajonay che deve il suo nome alla leggenda di Gara e Jonay. Si narra infatti che sull’isola ci fossero due amanti: Gara, principessa di Agulo, e Jonay, figlio del re dei Guanci (primi abitanti delle isole) di Adej.

La loro però era una storia impossibile in quanto un presagio li aveva avvertiti che, se fossero stati insieme, il fuoco del Teide li avrebbe travolti e così fu. Ma il loro legame era talmente forte che Jonay attraversò l’Atlantico a nuoto per raggiungere l’amata. Una volta scoperti dal padre di Gara, furioso per la fuga della figlia, i due si trafissero, suggellando la loro unione eterna. Oggi, il Parco Nazionale di Garajonay prende il nome proprio da questo racconto.

La più giovane isola dell’arcipelago, El Hierro, è un piccolo angolo di quiete e tranquillità dove restare affascinati dalle storie legate alle popolazioni indigene che l’hanno abitata per secoli. In particolare, una delle leggende più note racconta che, all’arrivo degli spagnoli sull’isola, gli indigeni, i cosiddetti Bimbaches, si riunirono e decisero di nascondere agli stranieri l’esistenza del Garoé, un albero magico.

Il motivo è presto detto: le foglie di questo albero erano capaci di raccogliere grandi quantità di acqua piovana così, se gli spagnoli avessero continuato a ignorare questo prodigio, avrebbero desistito all’idea di stabilirsi in quelle terre per la mancanza d’acqua. Ma il piano fallì quando Agarfa, una giovane donna Bimbache, innamorata di un soldato andaluso che faceva parte della spedizione, lo condusse direttamente all’albero, tradendo così il suo popolo. Oggi resta simbolo dell’identità isolana, nonostante l’albero sia stato abbattuto da un uragano nel XVII secolo.

Probabilmente il più famoso spettro delle Isole Canarie e dell’intera Spagna è quello di Catalina Lercaro, il protagonista della leggenda di Tenerife. Appartenente alla ricca famiglia dei Lercaro, proprietaria di un palazzo che oggi ospita il Museo di Storia dell’isola, Catalina si tolse la vita quando il padre la costrinse a sposare un uomo anziano, gettandosi in un pozzo. Nonostante la volontà dei genitori di seppellirla nel cimitero, questo non fu permesso dalla Chiesa per via della sua condizione di suicida. Da allora, leggenda vuole che l’anima di Catalina vaghi ancora per le stanze di quel palazzo, dove si odono i suoi passi tra i corridoi e le stanze.

Originaria dell’isola di Fuerteventura, la leggenda della luce di Mafasca narra che un gruppo di pastori, di ritorno verso casa, dopo una giornata di lavoro, decisero di preparare il fuoco per rifocillarsi e accamparsi durante la notte. Durante la ricerca della legna da ardere, trovarono una piccola croce di legno. Inizialmente, pensarono che simboleggiasse un luogo di sepoltura ma, per la troppa fame, soprassedettero e utilizzarono quella croce per alimentare il fuoco.

Così, le fiamme si alzarono e dalle ceneri della croce emerse una luce che sembrava avere vita propria. I pastori, spaventati, scapparono raccontando a tutti ciò che avevano visto, convinti si trattasse dell’anima del defunto di cui avevano distrutto il ricordo con il loro gesto. Da allora, si narra che questa luce continua ad apparire in notti silenziose e buie sia a Fuerteventura sia nelle altre isole.

A sorprendere ancora ci sono altre leggende che aleggiano sull’arcipelago, che si rifanno a epoche lontane, avvolte da un fitto alone di mistero. Tra queste spicca la leggenda di San Borondón – o San Brandán, come veniva chiamata nella cartografia medievale. Si tratta di un’isola che, se mai realmente esistita, è scomparsa senza lasciare traccia.

È un mito a cui gli abitanti delle Isole Canarie sono particolarmente affezionati proprio per la magia che vi ruota attorno: territorio avvistato da alcuni, ma sempre avvolto da una fitta nebbia o da strati di nuvole, che molti attribuiscono a un effetto ottico, è stato battezzato in diversi modi: isola segreta, perduta o incantata, o ancora l’isola “non trubada”.

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IL NORDKAPPISTA

“Le corse in moto e il fastidio della modernità, il gusto della solitudine e il perdersi nella massa, l’ansia d’assoluto e il minuto mantenimento del presente, uomo del suo tempo eppure nato fuori tempo, asceta ed esteta”.