Isolitudini, un atlante dai toni “bruniti e salsi”

Isolitudini è un atlante che fa sognare, che è possibile sfogliare e ascoltare, ciascuno in base al proprio stato d’animo. Per viaggiare con il pensiero e con il potere della cultura.

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Isolitudini, un atlante dai toni "bruniti e salsi"

Isolitudini di Massimo Onofri (La nave di Teseo, Collana I Fari, 492 pagine, 23 euro), un atlante sconfinato di isole reali e immaginarie, scritto con curiosità e leggerezza da un viaggiatore che ama i libri e quelle storie capaci di portarci sempre altrove.

Isolitudini è scandito in blocchi, la Grecia e l’Oceano Indiano, l’Estremo Oriente e il Grande Nord, gli estremi Poli e i Tropici. Nella versione in audiolibro la voce del narratore Stefano Scialanga, avvolgente e dai toni “bruniti e salsi”, come quando Onofri ricorda il suo amico Torquato, si adatta alla perfezione ad un libro impregnato di sole e di salsedine, di vita e poesia, anche acre.

Isolitudini è un atlante che fa sognare, che è possibile sfogliare e ascoltare, ciascuno in base al proprio stato d’animo. Una scelta di viaggiare in spazi siderali e ricolmi di evocazioni, a seconda della piega che prendono le giornate, di come sorgono e di come evolvono. Forse anche per placare una sete d’Assoluto. E per per “farci isole”, lontani dal peggio e dall’indisponente.

In un solo audiolibro, in un solo volume per chi vorrà leggerlo, sfogliandolo tra le dita anziché immersi in un viaggio “camminato”, quanto scritto da Massimo Onofri, professore ordinario all’Università di Sassari, è a metà tra critica, saggio e narrazione.

Un atlante da tenere a portata di mano, un audiolibro da tenere pronto per quando vorrete isolarvi in autentiche “isolitudini”, lontani dal mondo afflitto dalla sua opprimente quotidianità.

Un modo per essere in viaggio con la fantasia, sorretti da una cultura infinita e far spiccare il volo alle ali del pensiero. Non sulla fragilità delle illusioni ma sugli stigmi dell’accaduto e del vivente. Insomma, per ammonire con la frase “io non mi isolo, mi arcipelago”, rimango umano ma me ne vado altrove.

Un libro da consultarsi ogni volta che si è incalzati da un desiderio, una nostalgia e una fantasia, da gustare a poco a poco o approfondire in lunghe ore di lettura onirica. Oppure da ascoltare passeggiando con la faccia al sole e al vento come antichi pirati seduti in piedi, a prua.

Immersi nella giornata a cui vorrete dare un senso mentre il senso appare inesistente o semplicemente scontato. Con Isolitudini, sarete sempre sollecitati e guidati da scrittori, artisti, protagonisti della storia culturale di ogni tempo e di ogni luogo.

Si parte dalla Grecia, nel nome di Lord Byron e di Leonard Cohen, per un lungo viaggio sulla rotta di Magellano e oltre: dagli estremi poli narrati da Edgar Allan Poe agli euforici e tristi tropici, dai mari del Nord e quelli del Sud.

Attraversando gli oceani dei cinque continenti e la storia del Mediterraneo, toccando l’India di Tagore come le isole immaginarie di Swift e Verne, in compagnia di Houellebecq, Defoe, Douglas, Sebald, Melville, Le Clézio, Saramago, Salgari, Pirandello, Walcott, Mansfield, Aleramo e molti altri grandi e sconosciuti avventurieri di mare e di scrittura. Come il Giappone che viene attraversato nel ricordo di Yukio Mishima, inevitabilmente.

Nel suo Isolitudini, Massimo Onofri ci conduce ad una narrazione che appare come una sublimazione della vita. Quella vita che scorre, a tratti, come una manifestazione di quell’infinito che talvolta ci viene donato come una manifestazione di qualcosa di più “oltre”. D’altra parte, il viaggio, narrato, esperito, immaginato, rappresenta sempre un antidoto all’insoddisfazione che dal reale può promanare.

Non a caso Stendhal scrive: “Mi misi a leggere e fui felice”. Tanto più quando si legge di ”isolitudini” e di ”isole” definite da Paul Morand, “l’unico rifugio possibile per gli aristocratici della vita”.

Questo libro si rivela infatti come una possibilità di fuga rispetto alla massa e alla modernità, sempre più fluida e digitale, sempre più totalitaria nella sua pretesa diuniformare, unificare, comprimere, ridurre, azzerare. Identità, diversità, storie, vissuti.

Essere “isolitari”, puntare alle isolitudini non semplicemente come condizioni fisiche ma direi esistenziali. E i luoghi descritti realizzano una testimonianza ideale di questa visione del mondo, di quel desiderio di viaggiare che è fuga e insieme, come accennato, e celebrazione dell’esistenza stessa.

Isole lontane, per ragioni di metafisica, prima ancora che di geografia, cioè d’una lontananza “astratta, psicologica”, come avrebbe scritto un altro poeta: vagheggiate lungamente nei secoli, per larghe campiture d’azzurro, le più diverse e gradate, tra cielo e mare, mare e cielo.

Isole lontane – è sempre l’altro poeta che parla –, perché – poco importa se distanti poche miglia da una costa molto abitata – in commercio  ineludibile con la solitudine: patita, forse, da coloro che sono costretti a viverci da prigionieri, ma anelata da chi, invece, vorrebbe trovare requie, sciogliere gli ormeggi d’una greve e affollata quotidianità.

Isole lontane, insomma: dove il tempo – insiste quel poeta – non è misurato dagli orologi e dai calendari, ma dalla rosa dei venti, dal ciclo delle stagioni, dalle lunazioni, dalle migrazioni dei pesci e degli uccelli. Isolitudini“.

Isolitudini, per essere sempre, in viaggio, altrove, ribelli in cammino, rivoluzionari con il cuore e la consapevolezza del bello che risiede in molte cose. Uno tra i tanti antidoti.

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“Le corse in moto e il fastidio della modernità, il gusto della solitudine e il perdersi nella massa, l’ansia d’assoluto e il minuto mantenimento del presente, uomo del suo tempo eppure nato fuori tempo, asceta ed esteta”.