Natale in casa Cupiello con Salemme: teatro vero con “sorice”

Una serata da ricordare. Per uno spettacolo celebre, un cast di profonda bravura e pure per “o’sorice”.

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Natale in casa Cupiello con Salemme: teatro vero con "sorice"

Natale in casa Cupiello al Sistina: un grande spettacolo con il fascino dell’imprevisto. Vincenzo Salemme e la sua compagnia, semplicemente superlativi.

Natale in casa Cupiello al Sistina. Ho avuto modo di apprezzare uno spettacolo di circa due ore che, in realtà, è durato di più per un “fuoriprogramma” che, lo dico subito, Vincenzo Salemme ha saputo governare con rara simpatia e capacità.

Natale in casa Cupiello viene scritta da Eduardo De Filippo nel 1931. È una delle commedie più conosciute del drammaturgo napoletano ed è considerata uno dei suoi lavori più brillanti. Confesso che, al di là di qualche spezzone in bianco e nero in televisione, non avevo avuto modo di guardare per intero l’opera teatrale.

Portata in scena per la prima volta al Teatro Kursaal di Napoli (oggi Cinema Filangieri), il 25 dicembre 1931, Natale in casa Cupiello segna di fatto l’avvio vero e proprio della felice esperienza della Compagnia del “Teatro Umoristico I De Filippo”, composta dai tre fratelli e da attori già famosi o giovani alle prime armi che lo diventeranno (Agostino Salvietti, Pietro Carloni, Tina Pica, Dolores Palumbo, Luigi De Martino, Alfredo Crispo, Gennaro Pisano).

La sera di Natale del 1977, la commedia registrata viene trasmessa dalla Rai diventando più di un classico televisivo, un vero e proprio rito degli Italiani.

Vincenzo Salemme, bravissimo insieme a tutto il cast, menzione a parte per Antonella Cioli nel ruolo di Concetta, particolarmente convincente, mette in scena un Natale in casa Cupiello costruito sulla serena consapevolezza d’artista e fatto d’allegria.. È teatro, non è uno spettacolo televisivo o per una piattaforma streaming. È teatro, in tutte le sue accezioni con la magia dell’eduardiano “tavola-tavola, chiodo-chiodo”.

È la mattina dell’antivigilia di Natale. Il risveglio e le attività mattutine di Luca Cupiello e sua moglie Concetta sono funestate dalle bizze dell’uomo, che si lamenta per il freddo e per il pessimo caffè che lei gli ha preparato. E già qui, tra Salemme che fa battute e Concetta che sembra recitata da Pupella Maggio, si parte alla grande.

Luca, fervente amante delle tradizioni natalizie, non vede l’ora di potersi dedicare maniacalmente alla composizione del Presepe, nonostante le critiche della moglie e del figlio Tommasino (Nennillo), che lo ritengono inutile e anacronistico. La sua impresa è inoltre resa difficoltosa dall’intervento di suo fratello Pasqualino, collerico scapolo in perenne guerra con il nipote Nennillo (un ladro patentato difeso dai suoi genitori).

Luca sembra inoltre avere difficoltà nei movimenti, nell’articolare le frasi e nel ricordare le cose, tragicomiche anticipazioni del dramma che seguirà. Irrompe in casa la figlia Ninuccia, agitata per l’ennesima lite con suo marito Nicolino; la ragazza confessa alla madre di voler scappare con il suo amante Vittorio, amico di Nennillo, e le mostra la lettera di addio da lei scritta per il marito, che non ha mai amato. Di fronte alle forti resistenze della madre Ninuccia ha un attacco nervoso e, nell’impeto, spacca la struttura del presepe. Nella baruffa che segue Concetta ha un mancamento, e riesce a strappare a Ninuccia la promessa di far pace con Nicolino; tuttavia nel trambusto la ragazza perde la lettera, che sarà ritrovata da Luca (all’oscuro della tresca) e da lui consegnata a Nicolino, giunto nel frattempo dai Cupiello per riconciliarsi con la moglie.

In casa Cupiello è tutto pronto per la vigilia di Natale. Tommasino arriva a casa accompagnato da Vittorio, ignaro che egli sia l’amante di sua sorella. Rimasti soli, Concetta chiede a Vittorio di andarsene immediatamente e permettere a Ninuccia di salvare il suo matrimonio con Nicolino: quest’ultimo infatti, dopo aver letto la lettera consegnatagli incolpevolmente dal suocero, è a conoscenza della loro relazione, e solo i copiosi sforzi di Concetta hanno evitato il peggio.

In quel momento rincasa Luca, che insiste perché Vittorio si fermi a cena. La compresenza dei due rivali in amore fa calare sulla serata una forte tensione di sottofondo, stemperata dai pasticci di Luca, Nennillo e Pasqualino e dalle mille disavventure che costellano la preparazione della cena. Approfittando di un momento di solitudine, Ninuccia e Vittorio hanno un drammatico incontro che sfocia nell’esplosione della loro passione; sorpresili nell’atto di scambiarsi un bacio, Nicolino accusa la moglie e Concetta di averlo ingannato e sfida Vittorio a duello. I due uomini abbandonano quindi la casa, seguiti da Ninuccia: mentre Concetta, rimasta sola in scena, si dispera, giungono Luca, Pasqualino e Tommasino vestiti da re magi con i loro regali per lei. Qui scema esilarante davvero.

Venuto bruscamente a conoscenza della situazione familiare, Luca si sente male e si ritrova a letto in preda a difficoltà motorie e verbali. L’intero vicinato è presente al suo capezzale, dove l’uomo accusa deliri e allucinazioni che hanno come protagonista il genero Nicolino, il quale ha lasciato immediatamente la moglie e si è recato da alcuni parenti a Roma; pur nel delirio, Luca spera ancora di vederlo riappacificato con sua figlia.

Arriva il medico, che improvvisa una prognosi incoraggiante davanti alle donne, ma rivela invece a Pasqualino la cruda verità: Luca non ha scampo e la sua morte è ormai questione di ore. Dalla commedia si passa alla tragedia. Proprio in quest’ultima parte dello spettacolo Salemme si avvicina ancora di più al suo maestro Eduardo, sembra di sentire lui anche nella voce.

Un’improvvisa visita di Vittorio provoca l’ennesima allucinazione di Luca che, scambiandolo per Nicolino, arriva a benedire inconsapevolmente l’unione dei due amanti proprio all’arrivo del marito di lei, subito trattenuto a viva forza e portato fuori dai presenti. Luca Cupiello si avvia così a morire, ancora ignaro della realtà; Tommasino, alla domanda che suo padre gli rivolge in punto di morte, “Te piace ‘o presepio?”, alla quale egli in precedenza aveva sempre risposto no con stizzita protervia, tra le lacrime gli sussurra un laconico , proprio mentre suo padre sembra entrare nella gioiosa allucinazione di un “enorme presepe nei cieli”.

Teatro appunto, vivo, vissuto, con la sua caratteristica di essere immersi quasi nel palcoscenico. Lo coferma quanto accaduto giovedì sera. Appena iniziato lo spettacolo, puntualissimo, dalle prime fila un improvviso parapiglia. Le persone si alzano e grida: c’è un topo. Sì ma non un topolino di campagna, una bella pantegana che a Roma è diventata più numerosa dei suoi abitanti, O’ sorice. Un caos.

Vincenzo Salemme ferma lo spettacolo, si scusa, è disposto a rimborsare il biglietto di tasca propria, riesce a sdrammatizzare con battute improvvisate che fanno teatro nel teatro, spettacolo nello spettacolo.

Nel mentre si cerca di scovare ‘o sorice, ripreso lo spettacolo Salemme avrà modo di scherzarci ancora, improvvisando nell’esecuzione dell’opera teatrale con batture esilaranti, i malcapitati della prima fila vengono “posizionati” nei palchi d’onore antistanti il palcoscenico per poter continuare a vedere Natale in casa Cupiello, senza il rischio di ritrovarsi tra i piedi la suddetta pantegana.

Finisce lo spettacolo (al Sistina fino a domenica , poi altre date a Bologna, Firenze e Faenza, (a questo LINK le info), applausi veramente meritati e scroscianti. Sono state ore intense, uno spettacolo che mi è piaciuto moltissimo, cast eccellente. Il teatro è una autentica magia, anche quando i disastri romani si ripercuotono sugli spettacoli, facendoci riflettere su come questa città sia ridotta “maluccio”.

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IL NORDKAPPISTA

“Le corse in moto e il fastidio della modernità, il gusto della solitudine e il perdersi nella massa, l’ansia d’assoluto e il minuto mantenimento del presente, uomo del suo tempo eppure nato fuori tempo, asceta ed esteta”.